First constructed in 1228, and located at the foot of the Rialto Bridge overlooking the fish market, the Fondaco dei Tedeschi is one of Venice’s largest and most recognizable buildings. Twice destroyed by fire and rebuilt (in its current form in 1506), manipulated in the 18th Century, and then subject to a series of radical architectural interventions in the 20th Century to accommodate the central post office under the fascist regime, the Fondaco quietly embodies Venice’s secret brutality. Almost entirely reconstructed with modern concrete technology during 1930s, the Fondaco is a historical palimpsest of modern substance, its preservation spanning five centuries of construction techniques. Regardless of the history of its adaptations (towers removed, courtyard covered with glass, windows added, structure rebuilt …) and the objective lack of authenticity of its structure, its legal status of ‘monument’ (granted in 1987) forbade almost any change.
Undergone a renovation project started in 2010 by Rotterdam acclaimed firm OMA, the new Fondaco features a finite number of strategic interventions and vertical distribution devices that will support the program of a department store and define a sequence of public spaces and paths. Each intervention was conceived as an excavation through the existing mass, liberating new perspectives and unveiling the real substance of the building to its visitors, as an accumulation of authenticities.
Some aspects of the building, lost for centuries, have been resurrected: the walls of the gallerias will once again become a surface for frescoes, reappearing in contemporary form.
The Fondaco dei Tedeschi will unlock its potential as a major destination and vantage point for tourists and Venetians alike; a contemporary urban department store staging a diverse range of activities, from shopping to cultural events, social gatherings and everyday life. OMA’s renovation clearly avoids nostalgic reconstructions of the past and it demystifies the ‘sacred’ image of a historical building.
// Costruito nel 1228, e situato ai piedi del Ponte di Rialto e che guarda sul mercato del pesce, Il Fondaco dei Tedeschi rappresenta uno dei più grandi e più riconoscibili edifici di Venezia. Distrutto due volte da incendi e ricostruito (nella sua forma presente nel 1506), ritoccato nel 18esimo secolo e dopo sottoposto ad una serie di radicali interventi architettonici nel 20esimo secolo per ospitare gli uffici postali centrali sotto il regime fascista, il Fondaco incarna silenziosamente il brutalismo segreto di Venezia. Quasi del tutto ricostruito con la moderna tecnologia del cemento negli anni 30, il Fondaco è un palinsesto storico dell’essenza moderna. Nonostante la storia delle sue modifiche (torri rimosse, cortile ricoperto di vetro, aggiunta di finestre, strutture ricostruite..) e l’oggettiva mancanza di autenticità della sua struttura, il suo stato legale di monumento (conferitogli nel 1987) proibì quasi ogni ulteriore cambiamento.
Sottoposto nel 2010 ad un progetto di ristrutturazione firmato dallo studio di Rotterdam OMA, il nuovo Fondaco mostra un numero finito di interventi strategici e dispositivi per la distribuzione verticale che mirano a supportare il programma futuro di grande magazzino e definisce una sequenza di spazi pubblici e percorsi. Ogni intervento è stato concepito come uno scavo nella massa esistente, che libera nuove prospettive e rivela la vera essenza dell’edificio ai suoi visitatori, risultato di un’accumulazione di autenticità.
Alcuni aspetti dell’edificio, andati persi per secoli, sono stati riportati alla luce: i muri delle gallerie diventano ancora una volta superficie per gli affreschi, riapparendo in una luce contemporanea.
Il Fondaco dei Tedeschi libererà il suo potenziale come importante meta e punto di osservazione per turisti e veneziani allo stesso tempo; un grande magazzino contemporaneo che organizzerà differenti attività, dallo shopping agli eventi culturali, raduni sociali e vita di tutti i giorni. Il progetto di OMA evita dichiaratamente le ricostruzioni nostalgiche del passato demistificando l’immagine sacra tipica di un edificio storico.
ph. credits: Delfino Sisto Legnani, Marco Capelletti
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